IL FRANCESE (25 anni)
Quando io sono nato, a Parigi, la gente partiva per il week end. I miei genitori
erano francesi, ma i nonni erano valdostani. Avevano già avuto altri due figli, ma erano morti con il gas, altrimenti io e mio fratello
non saremmo nati. Mia madre mi ha raccontato che a tre anni, se non avevo
quello che volevo, prendevo la rincorsa e battevo la testa con il muro. A
scuola ho cominciato a manifestare il rifiuto di ogni disciplina e un giorno,
durante una gita allo zoo, in cui eravamo obbligati a camminare in fila per
due, sono scappato con un mio amico per fare un giro in groppa a un cammello.
Mio padre non era scontento perché anche lui da giovane era stato piuttosto irrequieto, e poi a scuola andavo
benissimo lo stesso.
Allora a scuola gli studenti si picchiavano tra i sostenitori della polizia e
quelli dei dimostranti, e io stavo sempre con quelli dei dimostranti. La
maestra mi ha promosso, ma mi ha chiesto di non tornare mai più in quella scuola. Invece dopo sei mesi di vacanza ci sono tornato, ma in un’altea classe, per cui sono stato separato da un mio amico, e sono stato più tranquillo. Ma in quinta elementare l’ho ritrovato, ed è stato di nuovo un pandemonio, anzi abbiamo cominciato a marinare. Le nostre
madri ci accompagnavano a scuola, ma noi aspettavamo che se ne andassero per
uscire da un’altra parte. Scoperti alla terza fuga sono state scenate, ma siamo stati
promossi lo stesso. Durante le vacanze io e i miei amici ci siamo procurati un
fucile Flobert, con cui abbiamo rotto tutte le luci del paese, con qualche
multa che è stata pagata da papà.
Poi sono andato in un liceo famoso per la contestazione, che una volta alla
settimana era occupato dalla polizia. C’era più libertà, mamma non mi accompagnava più, autogestivo il mio tempo, non dovevo più fare i compiti a casa ma studiare una certa parte per un certo giorno. L’ambiente mi piaceva, c’era gente più vecchia che ammiravo, li vedevo combattere contro la polizia, ho cominciato a
comprare i giornali politici che vendevano fuori dalla scuola, anche se ci
capivo poco. Alla fine del secondo anno dovevo preparare la specializzazione,
la sezione A era letteratura, la B 1 era economia e lingua, la B 2 era economia
e scienze, la C scienze. Io ho scelto la B 2 perché le sezioni erano miste, ed era quella in cui andavano le ragazze più belle.
A quattordici anni ho cominciato a partecipare a feste con amici e amiche più vecchie in una delle quali, a fine anno, si festeggiava la sorella di un mio
amico. Tutti erano fumati con hashish o marijuana, io desideravo fumare ma
tutti hanno rifiutato perché dicevano che ero troppo giovane. Nel frattempo i miei nonni si erano trasferiti
in Valle d’Aosta, mio padre ha deciso di vendere tutto e trasferirvisi, mio fratello ci si
era già stabilito. I miei genitori avrebbero dovuto andarci alla fine dell’anno scolastico con me, invece sono passati ancora due anni. Io ho cominciato a
portare i capelli lunghissimi, a vestirmi trasandato come tutti e a partecipare
attivamente ai gruppuscoli politici, prima uno marxista, poi a uno anarchico
con cui mi trovavo più d’accordo, anche se non ci capivo molto. In vacanza ho avuto il primo flirt con
una ragazza i cui genitori erano amici dei miei. Sono tornato abbronzatissimo e
più intraprendente, per cui ho cominciato a uscire con una bellissima algerina,
anche lei attiva nei gruppi politici. Allora l’attività era diventata più circoscritta alle singole scuole, anche e se gli obiettivi potevano essere
generali. Quando il ministro delle forze armate Debrè ha fatto una nuova legge che aboliva tutti i rinvii al servizio militare per
motivi di studio, allora ci siamo trovati tutti uniti, abbiamo occupato le
scuole, la legge non è passata, e poco dopo non se ne è più parlato. Poi tutti i partiti hanno tentato di recuperare le forza del movimento
degli studenti, appropriandosi dei nostri discorsi. Io non ero d‘accordo, a non sono andato a sentire un deputato comunista che è venuto a parlare nella nostra scuola.
Un giorno a un concerto dei Pink Floyd io e la mia amica abbiamo per la prima
volta fumato marijuana e da allora, avendo già provato, siamo stati ammessi nella cerchia di quelli che usavano queste
sostanze. Al cimitero la tomba di Jim Morrison, il cantante di Doors morto per
overdose, era la meta di tutti gli hippy d’Europa di passaggio per Parigi. Dato che la frequenza a scuola non era
obbligatoria, e bastava presentarsi il girono dell’interrogazione e prendere un voto sufficiente, allora io passavo tutto il tempo
libero al cimitero a chiacchierare con gli stranieri di passaggio.
Quasi ogni giorno, alla fine delle lezioni, si fumava qualche spinello. La prima
volta che ho guadagnato dei soldi è stato quando ho suonato la chitarra nella metropolitana, un mio amico suonava i
bonghi e la mia ragazza algerina passava con il cappello tra i passeggeri. Poi
l’ho fatto altre volte, più che altro per divertimento, ma in ogni caso mi sono sentito più libero, senza più bisogno di dovere chiedere sempre.
Un pomeriggio io e un mio amico non sapevamo cosa fare, lui disse di andare a
prendere dei dischi a casa di sua sorella che abitava per conto suo, in un
appartamentino del Quartiere Latino. Quando ci siamo arrivati abbiamo trovato
una festa con gente strana, quasi nessuno parlava, erano vestiti in modo
stranissimo, avevano i capelli alti, ma ho sentito delle buone vibrazioni, come
si diceva allora. Io ho fumato con loro, non capivo cos’era, anche se era certo roba buona, poi sono andato in bagno e mi sono
spaventato perché ho visto nello specchio il mio volto bianco e nero, e i colori che scappavano
via. Ho urlato, due sono accorsi e mi hanno detto che evidentemente in una
coca-cola che avevo bevuto qualcuno aveva versato dell’acido lisergico, per cui non mi restava che prenderla con allegria. Infatti poco
dopo siamo andati in giro su un battello sulla Senna dove ho preso altri
allucinogeni, ma ormai sapevo cos’era e ci ridevo sopra. Anche i miei hanno visto in me un leggero cambiamento,
avevo molto più menefreghismo, molta più voglia di ridere e scherzare.
Con altri amici abbiamo costituito nella nostra scuola un comitato d’agitazione, che si faceva un punto d’onore di svolgere un’attività non seria, ad esempio sfottendo gli esponenti delle organizzazioni politiche
che venivano a parlare nella nostra scuola, fino a metterli in ridicolo
dimostrando l’inutilità di tutto. Poi mio padre mi ha affittato la tipografia e si è trasferito in Valle d’Aosta, ma io ho raggiunto l’accordo, contro il suo parere, di rimanere nella villa di una zia poco fuori
Parigi fino alla fine degli studi. Ma quell’accordo non si è realizzato perché poco dopo siamo andati a sfottere i CRS che senza motivo stavano fuori dalla
nostra scuola, quelli ci hanno detto che non avevamo nessun senso di
patriottismo, e allora io ho bruciato la bandiere esposta sulla scuola, e
allora ho dovuto andare in Valle d’Aosta.
Abituato a cercare sempre le novità, a frequentare sempre gente diversa, ero quasi morto in un paese di seicento
abitanti, dove per di più nessuno fumava, per cui per ben due anni non ho più toccato niente di stupefacenti. Tutti mi sconsigliavano il liceo scientifico,
perché non conoscevo ancora bene la lingua, e allora mi sono iscritto al secondo anno
di ragioneria. Era un ambiente diverso, molto provinciale, la massima ambizione
di tutti era mettere un vestito che magari a Parigi non metteva più nessuno da dieci anni, io che portavo i capelli lunghi con la coda ero
considerato da tutti un tipo strano, le ragazze non mi guardavano. Allora mi
sono tagliato i capelli, mi sono fatto un nuovo guardaroba, sono diventato
inespressivo, inesistente, per due anni tanta noia, solo qualche flirt, sai com’è, la classe viene fuori lo stesso. Uscivo sì con qualcuno, ma il massimo divertimento era bere un bicchiere di wihsky.
Sono stato rimandato di steno e dattilo, e allora mio padre mi ha messo a
lavorare nella tipografia di una persona che conosceva perché imparassi il mestiere, in modo da tornare dopo a Parigi, non riuscivo proprio a
vedermi lì per sempre. Ma dopo tre mesi ho mollato e ho deciso con i miei di stare un anno
senza fare nulla e poi riprendere la scuola in un istituto privato. Ho
approfittato dell’inverno per imparare a sciare e per adeguarmi ai costumi locali. Dopo qualche
lezione privata di italiano sono entrato in una scuola dove ho incontrato due
ragazzi che la pensavano come me, e ho ripreso a vivere come avevo interrotto.
Ho scoperto che nel loro ambiente fumavano, anche se non si erano mai fatti di
ero, per cui riprendo a fumare, e poco dopo scopro le anfetamine, così passiamo insieme il tempo libero, e l’estate in Liguria. Uno dei nostri passatempi preferiti era introdursi nelle
ville incustodite di gente che ci veniva solo d’inverno per organizzarci delle bellissime feste, lasciando poi tutto sottosopra,
ma senza rubare nulla. Io faccio la quarta e la quinta insieme per recuperare
il tempo perso, e d’inverno a sciare con l’LSD.
Sono promosso, e passiamo l’estate in Versilia, in sette ognuno con cinquanta grammi di anfetamine
provenienti dall’Inghilterra con un viaggio molto avventuroso, e il primo giorno siamo già caricati. Abbiamo fatto conoscenza con un romano che ha una barca a vela, gli
diciamo che la nostra è cocaina, lui ci propone di scambiare 50 grammi di cocaina con 50 grammi di
eroina, di cui non avevo mai approfittato delle numerose occasioni. Alla sera i
miei amici preparano la pipa e con sorpresa vedo che l’eroina si può anche fumare. Accetto la proposta di accendere la pipa, aspiro profondamente e
cado in un dormiveglia finché un amico mi sveglia presentandomi uno sniffo da aspirina, che accetto. Così passano sei o sette giorni in cui consumiamo tutta l’eroina alternandola all’anfetamina.
Dopo le vacanze torno ad Aosta entusiasta dell’esperienza, ho preso l’abitudine di consumare saltuariamente l’eroina per via nasale. Intanto parecchi amici a scuola hanno cominciato a bucare
per conto loro. Quando è arrivata la chiamata alle armi sono stato contento di lasciare la solita gente
per girare un po’. Mi sono procurato mezzo chilo di hashish e sessanta acidi, ho riunito venti
amici e amiche e ci siamo fatti alcuni di questi acidi per festeggiare la
partenza. Alla stazione prima di prendere il treno ho buttato giù altri due acidi e ho fatto il viaggio attingendo alla scorta, per cui ero
sempre più allegro a ogni chilometro. Poiché sono arrivato due ore prima di mezzanotte, quando avrei dovuto presentarmi in
caserma, ho potuto farmi una mangiata e ingurgitarmi altri due acidi, dopo di
che sono stato veramente euforico. Raggiunto il mio posto branda ho passato la
notte fumando, perché tanto gli altri della camerata non sapevano cosa fumavo.
Al mattino l’effetto è passato, e ho scoperto di non apprezzare la vita militare Addirittura
pretendevano che mi facessi il letto. Allora ho deciso di prenderla come
scherzo. Mi sono fatto due canne prima di colazione e sono sceso all’adunata con la mia faccia più gioviale. Poco dopo ho scoperto altri due che fumavano, e ho ripreso a fumare
in gruppo.
Trascorsi quaranta giorni al CAR senza una sola licenza, in cui abbiamo esaurito
le nostre tre scorte di fumo, siamo partiti per una caserma di artiglieria
pesante di montagna. Io sono arrivato senza lo zaino e il corredo, perché non avevo voglia di portarlo e l’avevo buttato, ho detto che l’avevo perso e me l’hanno addebitato In poco tempo mi sono fatto la reputazione di indisciplinato, e
mi sono preso trentasei giorni di punizione.
Ho fatto conoscenza con alcuni tossici e ho cominciato a fare uso quotidiano di
eroina per via nasale, spendendo diecimila lire al giorno. Dopo un mese e mezzo
non bastavano sessantamila lire, e ho iniziato a iniettare. Spaventato, ho
preso la decisione di rompermi un dito per avere quaranta giorni di
convalescenza e tornare a casa. A casa ho usato rarissimamente l’eroina, e solo per via nasale, ma il primo giorno in caserma ho di nuovo
iniettato tutte le sere per tre settimane. Ad agosto ho provato il desiderio di
mare, per cui mi sono spaccato un altro dito, prendendo questa volta solo
trentacinque giorni di convalescenza. Ad Aosta ho ritrovato i vecchi amici,
tutti militari in convalescenza, siamo andati insieme al mare e tutti ci siamo
iniettati. In caserma ho continuato a fare uso intensivo, con la decisione di
smettere alla fine del servizio di leva. A settembre per la voglia di sciare mi
sono spaccato il terzo dito e ho preso venticinque giorni, in cui stavolta non
ho preso l’ero ma la coca che un amico aveva portato dalla Colombia.
Sono poi entrato nel gruppo sportivo di sci della caserma, da cui sono stato
espulso dopo sei giorni perché fuggivo ogni sera per procurarmi l’ero. Ho poi usato la licenza ministeriale per farmi operare d’appendicite, che non avevo, in modo da prendermi il periodo di convalescenza.
Nel febbraio successivo mi sono spaccato un altro dito per tornare ad Aosta e a
marzo sono stato ricoverato all’ospedale per sessantaquattro giorni per epatite virale, fino al congedo.
Uscito dall’ospedale, ho deciso che non mi sarei mai più iniettato d’ero. Ho messo su un negozio di mobili in società con mio padre, lavoravo tutta la settimana e mi facevo un week end di feste e
coca. L’anno dopo ho fatto un viaggio a Parigi con mio padre in auto, per sbrigare gli
ultimi affari della tipografia, e al ritorno abbiamo avuto un incidente. Lui è deceduto mentre io, dopo essere rimasto in coma ventotto giorni, mi sono
svegliato in un ospedale sulla frontiera franco-svizzera. Ho dovuto poi passare
sei mesi in una clinica per la rieducazione degli arti inferiori.
Tornato ad Aosta sono cominciati i problemi finanziari. Ho dovuto dare via il
negozio di mobili e farmi assumere come skilifista. In quel periodo facevo uso
sporadico di eroina per via nasale. Nel gennaio ’83 sono stato arrestato per acquisto illecito di stupefacenti perché avrei acquistato l’eroina in un’altra città. Ero rimasto shoccato perché non c’entravo nulla per cui, quando ho avuto la libertà provvisoria, dopo sedici giorni, ho deciso di vivere sul commercio dell’eroina, e quindi di andare dentro la prossima volta per qualcosa.
Non era più come prima, mi sono trovavo emarginato, non trovavo più lavoro, almeno non come prima. Ad esempio, prima i genitori erano contenti se
andavo con le loro figlie, ora dovevo quasi nascondermi. Allora ho deciso di
approfittare di quel tipo di vita, mi sono assuefatto del tutto all’eroina, sempre solo per naso. Lo potevo fare perché, commerciandola, ne avevo a disposizione a volontà.
Ho cominciato a lavorare come barista in una discoteca, ho preso più volte la decisione di diminuire l’ero, ma era sempre una decisione teorica, che non si attuava mai. Alla fine mi
sono accorto di avere aumentato troppo, e ho tentato di fare diventare pratica
quella decisione. Ci sono riuscito anche perché era arrivato un bel quantitativo di coca dalla Colombia, su cui mi sono
buttato. Nel gennaio ’84 durante una perquisizione mi hanno trovato in casa quaranta grammi di eroina,
sono stato arrestato, processato per direttissima e condannato, stavolta senza
libertà provvisoria. Ero in crisi di astinenza, ma ho rifiutato la terapia a scalare
con il metadone e, dopo dieci o dodici giorni, sono stato trasferito a Ivrea.
Ritengo di essere maturato perché prima ero molto più insicuro nei miei rapporti con gli altri, soprattutto entrando all’improvviso in un ambiente sconosciuto come la Valle d’Aosta oppure il carcere. Non ritengo di essere stato disonesto anche se facevo
il commercio illegale perché io non facevo rovinare la gente, anche perché semmai ero io il più rovinato. Ora ho scoperto che non è questione di onestà o disonestà, ma caso mai di farlo sotto la copertura della legge, e quindi che la società è peggiore di quello che pensavo. Poi credevo molto più nell’amicizia, mentre ora so che l’amicizia dura solo finché uno dà. Ho chiesto la liberazione condizionale, e non la semilibertà, perché con quest’ultima dovrei rientrare in carcere ogni sera, e io spero di prendere in gerenza
un locale notturno. Ma soprattutto con la semilibertà non si è veramente liberi, e io non sarei capace di tornare in carcere spontaneamente
con i miei piedi. Sarà un ragionamento sbagliato ma non potrei farlo, non ci riuscirei, mi conosco,
sarebbe più forte di me.
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