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RITORNO AL PARADISO TERRESTRE


 “Devi credermi, frate!”
 L’uomo era coperto da una lana grezza, il volto graffiato, le mani strette alla ciotola e al bastone. A prima vista era indistinguibile dagli altri mendicanti che si incolonnavano davanti alla guardiola del monastero, ogni mattina, per una razione di minestra. Era stato il suo sguardo intenso a colpire frate Remigio.
 “Che nome hai, fratello?”
 “Arduino è il mio nome, e molte tempo fa ero re. Avevo una sposa bella e devota e comandavo un esercito potente, temuto persino dall’imperatore d’Alemanna.”
 “E dovrei credere che sei stato re?”
 “Questo è solo l’inizio, frate. Io evo raccontarti l’intero mio peccato. Il peccato che oggi mi porta a te, a piedi nudi, con questa ciotola in mano..”
 “Non abbiamo bisogno di conoscere i peccati dei bisognosi per soccorrerli. Se davvero hai peccato, spero che ti sia pentito.”
 “Frate! Io voglio raccontartelo perché tu sappia a cosa mena volere troppo sapere. Il mio peccato è che... cercai... trovai...”
 “Ti dico che non mi...” La mano di Arduino scattò e si strinse sulla decollata di frate Remigio, mentre la sua voce divenne un sibilo.
 “Io ho ritrovato il Paradiso Terrestre.”
 L’enormità dell’affermazione paralizzò frate Remigio ma, prima che potesse formulare qualunque domanda, l’uomo che aveva dichiarato di chiamarsi Arduino aveva distolto gli occhi e si era era volato. Si stava allontanando.
 Frate Remigio compì il suo ufficio nelle ore successive quasi senza rendersene conto, riempiendo ciotole su ciotole. Finché un novizio non gli posò una mano sulla spalla e gli disse che non c’era più nessuno alla guardiola. Quando finalmente fu solo nella sua cella, frate Remigio cercò di riflettere. Se quella storia fosse stata vera, era suo dovere informare il vescovo che, a sua volta, avrebbe informato il pontefice. Se fosse stata una menzogna, doveva cessare immediatamente.
 “Ti aspettavo, frate.”
 Remigio riconobbe la voce proveniente da un vano ombroso e maleodorante, da una baracca al limite del bosco. All’alba si era messo alla ricerca dello straccione, ma ora su quella soglia sudicia, esitava. Forse aveva commesso un errore.
 “Tu vuoi sape e io racconterò. Entra senza timore.”
 Frate Remigio entrò. Che male poteva esserci nell’ascoltare il vaneggiamento di un folle?
*     *     *
 “Sei folle! Un vero re ascolta il suo popolo, sa cosa il popolo prova. E il tuo popolo è infelice.”
 Arduino percepiva la sofferenza nella voce della moglie, ma non poteva fare nulla se non sperare che pazientasse,.
 “Infelice? Allora è il popolo che è folle. Dal tempo di Carlo Magno non c’è più stato un periodo così lungo senza guerre, carestie o epidemie.”
 Era vero. Anche quell’anno gli intendenti delle diverse province avevano riferito che il tempo era stato clemente e i raccolti abbondanti. Di conseguenza, anche gli abitanti di Pavia, la nuova capitale, potevano svolgere i loro uffici nell’agiatezza. Nessun nemico minacciava i confini.
 “L’abbondanza e la pace non sono tutto, Adelaide. I nostri sudditi non vogliono solo mangiare tutti i giorni, ma qualcosa in cui cere.
 “Io non ti capisco.”
 La donna si alzò dal talamo, si avvolse nel mantello e scostò il pesante tendaggio, lasciando che il sole invadesse la sala e traesse riflessi dalla sua chioma ramata, mentre lasciava vagare lo sguardo sulle tegole, i terrazzi e i campanili dalla città. Era stata felice, u tempo,prima che il suo sposo iniziasse a cercare qualcosa che non trovava Che non esisteva nemmeno.
 Ma il re voleva spare. Voleva conoscere cosa era stato prima, dietro e intorno a ciò che percepiva, a ciò che vedeva e sentiva ogni giorno. Non poteva accettare che la realtà fosse così limitata. I suoi suoi soldati, non dovendo più combattere, percorrevano ininterrottamente il regno scavando in ogni caverna o cunicolo, interrogando i contadini su cosa trovavano per caso rivoltando la terra con gli erpici, frugando tra le rovine di case disabitate e torri diroccate. Cercavano armi, monete, steli sigilli, lapidi e pergamene. Tutto ciò che non apparteneva a quel tempo e a qual popolo. Arduino aveva riempito una sala sotterranea di oggetti improbabili e passava le notti a esaminarli e compararli con l’aiuto di dotti e studiosi di lingue morte.
 “L’uomo deve cercare di scoprire qualcosa di superiore. Non può solo nascere, nutrirsi accoppiarsi e morire come una bestia. Era una risposta debole e retorica, lo sapeva. Non poteva bastare a quella donna intelligente. Infatti non bastò.
 “Dio e il destino ha deciso che tu tu vivessi qui e ore e che fossi il mio sposo e signore di questo popolo. E’ qui che devi cerare le tue gioie e i tuoi dolori, le tue vittime e le tue sconfitte.
 Quando uscì dalla camera nuziale, Arduino scese la stretta scala di pietra fiocamente illuminata. Poco dopo era nella sala sotterranea, seduto sullo scranno e chino sull’oggetto che due giorni prima gli era stato portato. La folgore aveva abbattuto una quercia e rivelato un pozzo dove era conficcato uno scheletro umano. Un uomo era stato condannato a quella morte atroce molti secoli prima, le vesti ormai ridotte in polvere. Stretto tra i denti del cranio nudo si trovava l’oggetto che era sotto gli occhi di Arduino. Si trattava del frammento di una mappa e si inseriva perfettamente in altri frammenti che Arduino aveva ritrovato nel corso degli anni. Il primo vent’anni fa, era uno dei primi oggetti rinvenuti. Erano frammenti di un’unica carta geografica che aveva pazientemente ricostruito. I nomi dei fiumi e dei monti tratteggiavano una regione che non era tra quelle conosciute. Ma il penultimo frammento permetteva di collocare quella regione rispetto alle tette d’oriente e di tracciare la strada per raggiungerla. L’ultimo, quello restituito da due giorni prima dalo scheletro nel pozzo, dava un motivo per intraprendere l’impresa. Il miglior motivo.
 La stanchezza gioca brutti scherzi e, passato il primo momento di entusiasmo, Arduino aveva preferito accantonare la nuova scoperta e si era sforzato di non pensarci più fino a quando non fosse stato più lucido. Per questo aveva passato il giorno precedente ad allenarsi con la spada e la mazza con il suo maestro d’armi e la notte tra le braccia di Adelaide. Ma ora, sotto la volta umida della sala sotterranea e alla luce danzante del braciere, non aveva più dubbi.
 “E’ proprio il Paradiso Terrestre?”
 Arduino si voltò e sorrise a Glabrione che era entrato silenziosamente e ora osservava il frammento da dietro le sue spalle, i lunghi capelli sciolti sulle spalle, le forti braccia che uscivano dalla tunica senza maniche.
 “Sì, Glabrione. Questo frammento indica proprio la strada per giungere al Giardino di Delizia, perduto a causa del peccato di Adamo ed Eva.”
 I due uomini tacquero. Erano cresciuti insieme, erano stati educati dagli  stessi maestri, avevano corteggiato le stesse dame per confidarsi le rispettive imprese la mattina dopo, prima che Arduino fosse incoronato e sposasse la sorelle di Glabrione. Ma quanto erano diverse le loro anime! Glabrione era tanto ansioso di avventura e gloria quanto Arduino lo era di sapere, e tutto il tempo il re aveva passato chino su caratteri e simboli arcani, il suo giovane cognato lo aveva passato a cavalcare in cerca di nobili cause da difendere, fanciulle da soccorrere, tiranni da abbattere. Ma il Paradiso Terrestre avrebbe soddisfatto gli amori di entrambi.
 “Dev’essere molto esteso, almeno quanto la terra conosciuta.” spiegò Arduino. “Poiché Dio l’ha creato allo scopo di ospitarvi l’intero genere umano. Ma nessuno è mai stato capace di trovarlo.”
 Poi Jahvè Dio piantò un giardino nell’Eden, a Oriente, e vi collocò l’uomo che aveva modellato, dice chiaramente la Bibbia, lo ricordo persino io che con i libri non sono mai andato d’accordo. Ma in ogni nuova landa che  Oriente è stata esplorata dal tempo di Alessandro Magno, l’uomo ha dovuto faticare e sudare non meno che in Occidente per strapparne il nutrimento. E allora il Paradiso veniva collocato in un Oriente più lontano, inaccessibile e misterioso, e poi in un altro ancora. Infine molti uomini eruditi sono arrivati alla conclusione che non esista più, che Dio l’abbi annientato subito dopo la cacciata dei progenitori e che la sua fine facci parte del castigo.”
 Chi lo dice non ha visto questo.” disse Arduino, risoluto, indicando la carta. “Se sei con me, Glabrione, se mi aiuterai a organizzare un’armata di valorosi, riconquisteremo il Paradiso Terrestre.”
 “Una missione, finalmente! Un’impresa da eroi, che sarà ricordata dai cantastorie e dai poeti. Lascia fare a me, cognato. Sai bene che con le armi e i cavalli non ho l’eguale.”
 Ma un dubbio improvviso offuscò l’entusiasmo del giovane.
 “Ma... se anche Dio non l’avesse annientato, il Paradiso sarebbe stato comunque distrutto dal Diluvio Universale, che sterminò la prima umanità, tranne Noè e la sua famiglia.”
 “Non se se si trova su un monte più alto di quanto sono salite le acque del Diluvio. Non temere, Glabrione...” Arduino si alzò e afferrò le spalle del cognato, la voce rotta. “La brezza fa ancora stormire le sue fronde che non conoscono inverno, in cui gli animali ancora pascolano in pace l’uno con l’altro, senza che occhio umano veda, che voce umana risuoni o piede umano ne calpesti il suolo da tempo lontanissimo dei progenitori.”
*     *     *
 “Il Paradiso terreste?!”
 Padre Gonzalo sgranò gli occhi che apparvero enormi sul volto scavato. A lui si dovevano le più convincenti confutazioni delle deviazioni manichee e monofisite. I suoi confratelli lo accusavano di eccessiva disinvoltura nell’usare i concetti dei pagani Aristotele e Platone, ma dovevano ammettere che nessuno sapeva farlo con la sua eleganza. Molti anni prima aveva lasciato la Spagna, sua terra natale, per porre la su sapienza al servizio di Arduino e ora, come gli altri due uomini, vecchi e dotti quanto lui, era stato convocato per discutere la scoperta.
 “E’ così, padre Gonzalo. Queta carta geografica indica dove si trova il Paradiso Terrestre e la strada per raggiungerlo. Voi tutti lo sapete. Molti sostenono che, dopo la cacciate dei progenitori, esista ancora e che sia possibile raggiungerlo. Io lo farò.”
 Arduino fisso con aria di sfida i vecchi seduti intorno al tavolo. Al confronto delle loro esili figure, sembrava immenso.
 “Andrò laggiù e riaprirò quei cancelli da troppo tempo chiusi all’umanità. Poi sradicherò l’Albero della Scienza le Bene e del Male e lo trapianterò nel mio parco, dove tutti potranno vederlo!”
 “No.”
 Tutti si volsero verso Minos Mikozalis, il vecchissimo greco, conosciuto delle lingue e degli alfabeti di tutti i popoli. La sua era sempre stata la voce della ragione, che interveniva quando i suoi compagni si lasciavano troppo trasportare dai sogni. Gli anni trascorsi sui testi greci, persiani, arabi  indiani l’avevano reso quasi cieco.
 “Nessuno ha mai trovato il Paradiso Terrestre perché non esiste. Non è mai esistito.”
 “Sostieni che la Bibbia menta o sbagli? Dimentichi che è stata ispirata da Dio?” Il tono di padre Gonzalo era carico di biasimo.
 “Dio ha ispiratole Sacre Scritture, ma questo non significa che le abbia dettate parola per parola. Dio ha comunicato il senso allo scrittore, che l’ha espresso con le parole della sua mentalità e della sua cultura. Sapete bene, padre Gonzalo, che Dio non può volere togliere alla sua creatura la libertà che lui stesso le ha donato. Il Paradiso Terrestre fa parte dei luoghi felici che l’umanità ha sempre sognato, come il monte Kaf e l’isola Vicvac degli Arabi o come l’isola Ogigia di Omero...”
 Ma ci voleva altro per incrinare la determinazione di Arduino.
 “Se qualcuno avesse trovato il Giardino, Minos, sarebbe la prova della sua esistenza, ma non è vero il contrario. Che nessuno finora l’abbia trovato non dimostra che non esiste. Forse è come dite voi, un’allegoria, forse non lo a sapremo mai. Non ci resta che verificare tutte le possibilità, e questa...” batté il pungo sulla carta distesa sul tavolo “... questa è la possibilità più concreta che l’umanità abbia mai avuto!”
 Gonzalo sospirò. “Forse non nessuno l’ha raggiunto, maestà non perché non esiste ma perché è irraggiungibile. Forse la morte aspetta il temerario che lo tenta. Ricordate cosa accadde ai costruttori della Torre di Babele. Anche Cinevulfo scrisse che Dio pose il Paradiso così lontano affinché i peccatori non potessero  giungervi.”
 Non era necessario che padre Gonzalo ricordasse ad Arduino la conformazione del mondo di Cosma Indicopleuste. Secondo lo studioso il mondo sarebbe composto da una terra circondata dall’acqua, a sua volta circondata da una striscia di terra. Su quest’ultima striscia poggia, ai lati, la volta del cielo. Lì si trova il Giardino. Quando i progenitori ne furono cacciati,  loro discendenti popolarono il resto della striscia, ma, quando il Diluvio la sommerse, morirono tutti meno la famiglia di Noè che, con l’Arca, si salvò e approdò alla erra la centro delle acque c dove i troviamo ora. Per questo il Paradiso, secondo Cosma, è irraggiungibile. Se esiste ancora, ormai è su un’isola o su un monte altissimo. Forse lo stesso monte sorge dal mare. Tutti i luoghi felici, veri o mitici, sono su isole irraggiungibili, come l’isola dei Feaci e l’Elisio dei Greci.
 “Quello non conta. L’Elisio era popolato dalle anime dei morti. Qui stiamo parlando di qualcosa di materiale, dove l’uomo possa possa cambiare a in vita,” di nuovo Minos, e il suo gusto per la precisione,.
 La discussione stava diventando noiosa e Arduino decise di concluderla.
 “Dotti uomini, rispondete a una sola domanda. Cosa potrebbe impedire a Dio di salvare il Paradiso Terrestre dal Diluvio Universale, anche sommerso dalle acque, e di mantenerlo intatto dopo che le acque si sono ritirate?”
 Il tono di Arduino esigeva risposta, e la risposta non poteva essere che una. I tre vecchi si guardarono l’un l’altro, poi Minos parlò per tutti.
 “Nulla, maestà.”
Seguì un lungo silenzio, rotto infine da Gedeon Ben Amon, il rabbi che conosceva quasi a memoria gli scritti pre-biblici dei dotti ebrei d’Asia e d’Africa Si diceva che Ben Amon avesse letto anche Il libro delle guerre di Jahveh e Il libro di Ishar, di cui si era persa ogni traccia, libri che narravano le battaglie combattere dal popolo di Israele per conquistare la tera di Canaan.
 “Il Midrash dice che Enoch fu il primo uomo a entrare vivo nel Paradiso Terreste. Egli  vide l’Alberto della Vita, le cui fronde coronavano l’intero Giardino e quattro fiumi, uno di latte, uno di miele, uno di vino e uno d’olio, scaturiscono dalle sue radici. Un coro di trecento Angeli cura questo Paradiso. Anche Isacco vi entrò e lo visitò per tre anni, e lo stesso fece suo figlio Giacobbe. Ma nessuno dei due ricorda ciò che vide.”
 Ben Amon tacque, mentre si lisciava la lunga barba. Gli occhi di tutti i presenti erano fissi nel vuoto, persi della visione che la sua voce melodiosa aveva evocato.
 Arduino fu il primo a riscuotersi. “Avete udito? Il Paradiso esiste ancora. E’ possibile andarci.”
 “Miti! Nient’altro che miti! Ben Amon parla di libri che Santa Madre Chiesa non ha canonizzato, che Dio non ha ispirato. Forse Enoch non è mai esistito.” Padre Gonzalo questa volta annuì alle parole del greco.
 “Ma Mosè è veramente esistito,” era di nuovo Ben Amon a parlare. “Mosè fu portato nell’Eden da Shamshiel, il suo angelo custode che gli mostrò troni ingioiellati e tempestati da zaffiri e diamanti destinati ai giusti.. Sopra il più grande siede il padre Abramo. Dopo Mosè, nessuno mortale fu ritenuto degno di rientrare nel Paradiso, eccetto il rabbino Jehoshua Ben Levi, un maestro di eccezionale pietà che vi penetrò con uno stratagemma. Quando Jehoshua era molto vecchio, Dio comandò all’Angelo della Morte di soddisfare il suo ultimo desiderio. Jehoshua chiese di potere vedere il Paradiso Terrestre, l’Anglo ve lo condusse, gli permise di salire a cavalcioni sul muro e subito Jehoshua saltò dall’altra parte. L’Angelo si lamentò con Dio che gli ordinò di informarsi se Jehoshua avesse mai mancato alla sua parola in terra. L’Angelo indagò e riferì che sempre era stato onesto. Allora Dio disse: ‘E sia: che rimanga.’
 Di nuovo Ben Amon tacque l tempo necessario a riprendere fiato.
 “Sono storie che noi ebrei raccontiamo ai nostri figli e nipoti da duemila anni. Forse abbiamo aggiunto i diamanti e gl zaffiri per affascinare chi ascolta, com’è dovere di ogni narratore, ma certo non l’abbiamo inventato.”
 “E chi ci dice che...”
 “Nessuno ci dice niente.” tagliò corto Arduino. “Qui c’è una carta. Voi sapete di geografia, cartografia e cosmografia. Non potete dirmi se questa carta sia falsa o veritiera, ma dove dirmi se contiene errori, se in qualche parte contrasta con le conoscenze che già possediamo. Vi concedo tre giorni. Poi partiremo.”
*     *     *
I fanti marciavano con spasso spedito, senza quasi sentire il peso delle lance e degli scudi appesi alla schiena. Il sole era alto e luminoso, ma il calore era mitigato dal vento che soffiava da tramontana. I più deboli avevano cominciato a esprimere dubbi sullo scopo della spedizione, ma erano stati zittiti dai loro compagni. Arduino cavalcava alla testa dell’armata, affiancato da Glabrione e circondato dai cavalieri coperti di maglia di ferro dalla testa ai piedi. Ma ormai anche i più forti, e forse persino qualcuno dei cavalieri, cominciava a preoccuparsi di quella distesa d’erba e cespugli che si perdeva a vista d’occhio e dove da molti giorni, ormai, non avevano più incontrato alcun essere umano. Ma cosa pensavano i cavalieri nessuno poteva dirlo, gli sguardi sempre nascosti nell’ombra dei loro elmi.
 Fanti e cavalieri avevano perso il contro del tempo trascorso da quando avevano varcato i confini del Regno d’Italia. Tutto il popolo era accorso nella strada per augurare buona fortuna ai figli, ai fratelli e ai mariti che dovevano restituite al genere umano ciò di cui era stato espropriato.
  Il granduca aveva creduto di proibire il passaggio sulle sue province e aveva schierato i suoi armati, contando di intimorire i nuovi arrivati solo con lo sventolio degli stendardi e il suono dei corni da battaglia.
Il re aveva chiuso l’elmo e aveva alzato davanti a tutti la sua spada con l’elsa laminata d’oro e il pomo incastonato di scura ametista. Con un grido aveva lanciato al galoppo il suo corsiero, anch’esso coperto di maglia di ferro, subito seguito da Glabrione. Anche lo schieramento del granduca aveva lanciato un grande urlo e aveva cominciato a correre mulinando spade, lance e mazze. Il cozzo del ferro contro ferro era stato tremendo, subito coperto dai nitriti dei cavalli e dalle grida di rabbia, dolore e incitamento. I fanti avevano fatto il loro dove attaccando i cavalieri nemici sui fianchi c e trapassandone molti con le lance dopo averli disarcionati.
 Alla fine della giornata gli uomini del granduca e si erano ritirati e l’armata del re aveva passato i suoi confini. Solo l’indomani si era accampato per riposare, curare e i feriti e contare le perdite, che non erano state molte.
 Le perdite erano stato ben maggiori quando l’armata si era inoltrata in una regione coperta da fitte foreste ed era stata attaccata da uomini con gli occhi iniettati di sangue, il volto dipinti di nero e blu. Indossavano fulve pelli di lupo e d’orso e si proteggevano con scudi di legno cuoio, non avevano cavalli e preferivano ala notte. Sbucavano dall’improvviso dalle tenebre lanciando urla agghiaccianti e sembravano immortali perché continuavano a combattere anche quando sanguinavano. Non fuggivano mai. I fanti erano stati paralizzati dal panico e molti di loro erano morti prima di aver potuto organizzare una valida difesa, mentre le tende crollavano o bruciavano.
 Ma Glabrione correva ovunque gridano ordini e incitamenti, mulinando la spada in una mano e la mazza nell’altra contro due, tre o quattro di quei nemici terribili. Dopo ave subito tre assalti notturni, l’armata, indebolita, era infine uscita d quella regione.
 Quello che era successo dopo aveva diffuso tra tutti i dubbi che fino a quel momento erano stati di pochi. Quando l’armata era entrata in quella pianura di campi coltivali e irrigati e aveva avvistato un villaggio, il e aveva ordinato di attaccarlo e uccidere tutti coloro che vi si trovavano.
 Gli uomini l’avevano circondato nottetempo e, alle prime luci della, aveano lanciato un urlo e vi avevano fatto irruzione a piedi e a cavallo. Avevano conficcato pugni e pance nei ventri e nelle schiene di uomini, donne e bambini terrorizzati che cadevano in pozzi di sangue, avevano trafitto con le fredde cloro che goffamente tentavano la fuga, e, quando il sole era sto alto nel cielo, Arduino aveva ordinato di lasciare quel villaggio dove più nessuno era vivo tranne i maiali e le capre, che avevano portato con sé. I morti dovevano essere tutti contadini perché nelle capanne non vi era nemmeno un’arma, e molti dissero che avevano commesso un peccato mortale e avevano dannato le loro anime.
 Nel secondo villaggio i contadini avevano entrato una resistenza, servendosi di falci, roncole e bastoni, aiutati anche dalle donne, ma a poco era servito conto fanti e cavalieri esperti che avevano solo impiegato un po’ più di tempo e fatica Al tramonto anche il terreno di questo villaggio era coperto i cadaveri, di cui uno solo era un cavaliere che era caduto da cavallo e due fanti uccisi da pietre.
 Nel villaggio deserto, ai fanti seduti in silenzio immersi in cupi pensieri, il re aveva spiegato che quello che aveano fatto era bene anche se poteva sembrare male. Infatti, se fossero avvenuti altri scontri come quelli che avevano decimato l’armata, probabilmente sarebbero stati costretti a rinunciare alla sacra missione e a tornare indietro. Invece, il terrore che aveano sparso e che ora li precedeva avrebbe dissuaso chiunque dall’intralciare il loro cammino. Nessuna voce si ea levata per mettere in dubbio la parola del re, ma quella note alcuni arcieri erano fuggiti.
 Dopo molti giorni di marcia senza più incontrare nessuno, il terreno aveva cominciato a diventare sempre più accidentato, l’erba sempre più rada e stenta, gli alberi erano diventati rovi.
 Insieme al re c’erano quei tre vecchi che stavano tutto il giorno dentro la loro portantina, dove mangiavano e dormivano. Il tendaggio li riparava dal sole che sembrava diventare ogni giorno più grande e fiammeggiante. Quando era incerto sulla strada da percorrere, quando c’era un incrocio o non c’era alcuna strada, allora il re alzava quel tendaggio. Solo allora i tre vecchi uscivano dalla portantina, discutevano animatamente, a volte litigando, almeno così pareva ai soldati, quindi la marcia riprendeva. Uno dei tre riusciva a capire e a farsi capire dai popoli che incontravano per quanto strana fosse la loro lingua. Si diceva che quel vecchio fosse greco, ma erano solo voci. Fu lui il primo dei tre a morire. Fu seppellito sotto un croce rudimentale.
 *     *     *
 “Dovete seguire il consiglio della vostra sposa, maestà. Adelaide conosce il vostro popolo sa capire di cosa ha bisogno.”
 Padre Gonzalo fissò Arduino  aspettando una risposta che non venne subito. Il messo era arrivato il giorno prima con un messaggio da Pavia, dopo avere faticato alquanto a trovare le tracce dall’armata. Sia l’uomo che l’animale erano sfiniti ed erano crollati quasi insieme.
 Adelaide scriveva al suo sposo che si era molto ammalata e la folla tumultuava nelle strade perché voleva un re. Conti, marchesi e vescovi la sobillavano per togliere il trono ad Arduino e ai suoi figli. In seguito si sarebbero riuniti per scegliere il nuovo sovrano e, se non si fossero messi d’accordo, sarebbe scoppiata la guerra civile. Sarebbe stato versato molto sangue. Solo l’immediato ritorno di Arduino, solo il suo volto amato e la sua voce autorevole, avrebbero impedito il disastro. Arduino scosse la testa.
 “I mesi sudditi non possono avere dimenticato lo scopo per cui sono partito. Non possono avere dimenticato che il Paradiso Terrestre sarò anche per loro.”
 “Gli uomini dimenticano in fretta, maestà, e il e il vostro dovere è anzitutto verso il vostro popolo, che è pericolo. Ora. Il Paradiso Terrestre ha atteso tanti secoli, ci saranno altre occasioni. Vi preghiamo, ascoltate la vostra sposa.”
 Accanto a padre Gonzalo c’era Glabrione, il capo scoperto i lunghi capelli sciolti e scomposti, che ora sembrava più vecchio dei suoi anni. Arduino percorse a lunghi passi più volte avanti e indietro lo spazio sotto la tenda. Nessuno aveva osato interrompere il corso tormentoso dei suoi pensieri.
“No.” dichiarò fermandosi. “Anche se scoppia la guerra civile, anche se i traditori si impadroniscono della corona e del trono, tutto finirà quando tornerò per annunciare che ho trovato il Paradiso. Questa novella, che non ha mai avuto l’eguale, ricorderà a tutti chi è il vero sovrano!”
 “Ma lei è malata!” gridò Glabrione che fino a quel momento non aveva parlato.
 “E allora?” Arduino si girò di scatto come se fosse stato schiaffeggiato. “Dimentichi l’Albero della Vita che troveremo nel Paradiso? Quando l’avremo trapiantato nel nostro regno, nessuno più sarà malato, nessuno morirà.”
*     *     *
La marcia era ripresa e l’armata si era inoltrata in una distesa di sabbia quasi liquida dove il sole rendeva roventi elmi, cubitiere e scudi. Il volto degli uomini erano maschere di sabbia incollata dal sudore e ormai anche cui volti dei cavalieri, che non portavano più gli elmi, la fatica e la paura erano visibili a tutti. I cavalieri ora marciavano a  piedi, perché i cavalli erano troppo deboli. Molti erano stati abbandonati o abbattuti.
 Tutto sembrava più pesante e, quando un fante o un cavaliere credeva di non essere visto, gettava armi e pezzi d’armatura che cominciavano a segnare il cammino percorso. Padre Gonzalo non resistette e il suo copro fu abbandonato alla sabbia e al sole, perché nessuno aveva più la forza di scavare una tomba. Ma anche molto uomini più giovani e forti caddero con la faccia nella sabbia e non si rialzarono.
 Molti fuggivano. Ogni mattina coloro che rimanevano scoprivano di essere sempre di meno. Furioso e stremato, il re in persona era partito al galoppo sul suo corsiero e aveva raggiunto due dei fuggiti, un adolescente lentigginoso e un veterano con pochi capelli e molte cicatrici. I due disertori si erano buttati in ginocchio piangendo e chiedendo mercé, spiegando di temere per la loro anima, oltre che per la loro vita.
 I re aveva ordinato che fossero denudati, venissero loro disarticolare ginocchia a gomiti per morire sotto il sole implacabile e sotto gli occhi dei compagni, in modo da dissuadere chiunque avesse avuto intenzione di fuggire ancora. Il re aveva spiegato i due disertori meritavano quella morte perché avevano anteposto se stessi all’intera umanità. Nessuno aveva esso in dubbio la sua parola.
 Poi il clima fu di nuovo mite e piacevole, l’erba di nuovo affollata e verde Alcuni uccelli dalle grandi ali dai colori sgargianti volarono in cerchio stridendo intorno a quegli stani essere, e strano dovano esserlo davvero. Il numero degli uomini si era ridotto d alla metà della metà, molti i trascinavano a stento, e ai pochi cavalli sopravvissuti si potevano contare le costole.
 Quando udirono lo scrosciare inconfondibile dell’acqua, tutti si lanciarono di corsa e, superata una collina, si trovarono di fronte a una cascata. Giovani e veterani si tuffarono in quell’acqua cristallina, la la lasciarono scorrere sulla pelle screpolata e tra i capelli ormai simili a stoppa.
Arduino non tentò nemmeno di ricomporre la disciplina, fino a che l’ultimo fante uscì gocciolante dal lago e si gettò tra i suoi compagni già stesi sull’erba dove i cavalli superstiti stavano pascolando. Solo il giorno dopo furono piantate le poche tende strappate e sfilacciate che erano rimaste e alcuni cavalieri partirono in diverse direzioni per esplorare quella regione. Dopo avere impartito gli ordini, Arduino scomparve sotto la sua tenda, dove, ormai tutti lo sapevano, avrebbe controllato ancora una volta la strada percorsa sulla strana carta da cui non si separava mai.
*     *     *
L’uomo scostò il lembo della tenda attento a non provocare il minimo fruscio. L’interno era fiocamente illuminato dal quarto di luna, ma riuscì ugualmente a intravedere il giaciglio. Il respiro regolare gli confermò che ospitava un uomo addormentato. L’intruso impugnò la corta daga e si avvicinò silenzioso.
 Aveva amato e ammirato quell’uomo, ma ora doveva ucciderlo per salvare la sua vita e quella dei pochi superstiti dell’armata. E forse anche le loro anime. Il re era folle, ma nessuna osava disobbedire o ribellarsi. L’intruso era vicinissimo al letto. Alzò la daga e si preparò a colpire, l’occhio fisso sulla gola dell’uomo addormentato.
 Il braccio del re scattò contemporaneamente al suo e una mano gli serrò il polso i due uomini rotolarono ansimando e imprecando. La loro forza era quasi uguale e non è possibile sapere qualche dei due avrebbe prevalso, perché la lotta fu interrotta dalle sentinelle che irruppero nella tenda e afferrarono l’intruso. Una sentinella, ferita, girò, ma al fin l’uomo smise di dibattersi, saldamente legato, mentre le torce illuminavano il volto di Glabrione, il fratello della sposa del re.
 “Perché l’hai fatto?”
 Glabrione ritenne inutile spiegare ciò che Arduino non avrebbe capito. Era condannato a morte, lo sapeva, ed era pronto ad affrontare il suo destino. Ma Arduino non voleva veramente una risposta e, afferrata convulsamente la carta, la mise sotto gli occhi dell’uomo legato. Nemmeno quella notte si era addormentato, e stava pensando quanto poco mancava alla meta. Per questo n era ancor vivo.
 “E’ qui! Il Giardino dell’Eden è qui! Abbiamo tanto sofferto, tanti nostri fedeli sono morti, e ci siamo riusciti!! Ma tu hai dubitato! Tu non hai avuto abbastanza fede!”
Forse era vero. Forse era la fede a mancargli. Glabrione non era stato capace di tentare l’impossibile, vder l’invisibile, di essere davvero grande. O folle. Forse per questo Arduino era re. Ma ormai era inutile pensarci..
 “Voglio che lo faccia tu.”
 Era una richiesta legittima. Arduino e Glabrione era stati come fratelli tutta la vita e nessun altro poteva eseguire la sentenza. Sentenza che, Arduino ne era certo, era massimamente giusta. Nonostante avesse tentato di ucciderlo, Arduino amava quell’uomo, ma lui era il re e, mentre gli conficcava la sua stessa daga nel cuore, pianse.
 Il giorno dopo videro il Muro.
*     *     *
“Non vedo bene. Sei sicuro che sia ciò che abbiamo cercato?”
 Gedeon Ben Amon, l’unico sopravvissuto dei d tre dotti, raccolse le poche forze per sollevare la test dal giaciglio su era steso, sotto la tenda. Dal molti giorni non si reggeva più in piedi. Arduino annuì.
“Nessun altro che Iddio Creatore avrebbe potuto squadrare le pietre in modo tanto perfetto, tanto che tra l’una e l’altra non passi nemmeno la lama di un pugnale. Un muro tanto alto e lungo non può che nascondere e proteggere qualcosa di meraviglioso.”
 “Ci sei riuscito. E’ qui dunque. Esiste ancora, Non su su un monte, non su un’isola. La carta diceva il vero.”
Gli uomini avevano ammirati, incantati e spaventati quel moro che sembrava sorgere dal nulla. Era impossibile capire quanto era lungo. Avevano camminato per molti giorni senza trovare nulla che interrompesse la regolarità di quella costruzione soprannaturale. Niente feritoie, sentinelle o fossati. Solo la liscia uniforme distesa di pietre squadrate e allineate a perdita d’occhio. Ma ora, nel momento del trionfo, il dubbio si affacciò nella mente di  Arduino.
 “Ma... non c’è nessuno a sorvegliare il Muro? La Bibbia dice: A occidente del Giardino dell’Eden, Dio fece dimorare i Cherubini e la fiamma dalla spada folgorante, per custodire la via.”
 “I Cherubini sono gli spiriti intermedi tra l’uomo e Dio, non hanno corpo e non possono essere visti. La tradizione che li rappresenta con le ali e la spada probabilmente deriva dagli essere metà umani e metà animali che custodivano i portali del templi mesopotamici. Su questo,” Gedeon sorrise amaramente, “aveva ragione quel presuntuoso di Minos. Devi guardare la sostanza e non la forma del messaggio di Dio. E la sostanza è che il genere umano oggi ha ritrovato il Paradiso Terrestre.”
 Sentendo la vita sfuggirgli, Gedeon volle comunicare ciò che sapeva e pensava, come se temesse che non ne sarebbe rimasta traccia o ricordo.. “Secondo alcuni rabbini, Adamo toccava col capo il cielo e stendeva le braccia dall’una all’altra estremità della terra. Gli angeli ne furono sgomenti, e allora Dio lo rimpicciolì fino a mille cubiti. Secondo alti rabbini il primo uomo aveva pregi quasi divini, gli angeli lo credettero un secondo Dio e il vero Dio, per disingannarli, fece cadere l’uomo in un profondo sopore. Secondo Mosè Ben Cafa, essendo Adamo gigantesco, quando fu cacciato dal Paradiso venne nella terra di qua guadando l’oceano. Secondo Mosè Maimonide, una volta mangiato il frutto, Adamo acquisì ogni dottrina e conobbe tutti i segreti del cielo e della terre... Ma noi rabbini” Gedeon sorrise sotto la barba bianca. “amiamo fantasticare.”
 Poi il vecchio morì.
*     *     *
Poco lontano dal Muro si stendeva un lago. Sulla riva sorgeva un villaggio di pescatori e pastori. Gli uomini armati circondarono il paese, catturarono tutti gli uomini e li costrinsero ad abbattere il bosco ai piedi della collina. Per dare l’esempio, ne uccisero uno e ne bastonarono molti. Gli uomini armati erano pochi e stremati, e non avrebbero potuto fronteggiare una ribellione aperta. Doveva prevenirla con il terrore.
 Quando gli alberi abbattuti furono accatastati, sotto la guida di Arduino in persona i prigionieri furono costretti a tagliarli, a sfrondarli, sezionarli e legarli insieme fino a costruire una catapulta. Una matassa ritorta formata da crini di cavallo e nervi di pecora avrebbe fatto ruotare a grande velocità il braccio di legno terminante a cucchiaio, su cui sarebbe stato appoggiato il proiettile costituito da un macigno. I prigionieri furono costretti a staccare dal fianco della montagna e trascinare fino alla macchina i macigni aiutandosi con tronchi e pali come leve e rulli, sempre sotto le grida e le bastonature degli uomini armati. Chi osava alzare lo sguardo poteva vedere quell’uomo senza espressione, chiuso nella sua armatura sporca e ammaccata,  che gli uomini chiamavano re. E i proiettili cominciarono a partire, martellando uno dopo l’altro il Muro, sempre  nello stesso punto.
 Il Muro sembrava non risentire minimamente dei primi colpi e, quando finalmente apparve una crepa, alcuni prigionieri caddero stremati, e si rifiutarono di continuare. Arduino non era disposto a fermarsi e ordinò a un cavaliere di decapitare uno dei prigionieri riottosi. Il cavaliere rifiutò e Arduino li giustiziò entrambi con la sua spada ma, vedendosi circondato da uomini stravolti dalla fatica e dalla paura, ordinò la sosta per la notte.
 All’alba del giorno dopo tutto ricominciò e, quando fu di nuovo il tramonto, vi era finalmente una breccia nel Muro Attraverso la breccia era possibile intravedere il Paradiso Terrestre.  Arduino non giudicò prudente avventurarvisi quella notte stessa, con gli uomini sfiniti e il buio incombente. Decise che il giorno dopo avrebbe ripercorso il cammino di Enoch, di Mosè e di Jehoshua Ben Levi.
 *     *     *
“Le grida nella notte mi svegliarono. Aprii gli occhi e balzai in piedi in tempo per vedere entrare nella tenda un uomo che barcollava. Riconobbi una delle sentinelle, aveva la gola squarciata e riuscì solo a emettere un gorgogliante mugolio prima di crollare ai miei piedi.”
 Il volto di Arduino, mentre raccontava, era contorto in una smorfia di rabbia e angoscia, nella stanza senza finestre della casa diroccata. Frate Remigio non l’aveva mai interrotto e non aveva perso una parola della storia che era cominciata nel talamo del re per finire al Muro. Le ore erano passate veloci ma, negli occhi umidi del mendicate, il frate capì che il racconto volgeva al termine.
 “Un osceno accordo aveva unito i miei soldati e gli abitanti del villaggio, e insieme avevano dato l’assalto alla mia tenda. Solo pochi uomini mi rimasero fedeli e ingaggiarono un’impari battaglia. Fu grazie a loro che salvai la vita. Corsi nella notte, non so in quale direzione, sino a quando non trovai le macerie presso il Muro. Ebbi l’impressione di arrampicarmi su di esse, di oltrepassare la breccia e di passare dall’altra parte, ma forse lo sognai perché, quando rinvenni, nulla intorno a me indicava che fossi nel Giardino. Non vedevo più il Muro, né mai più lo rividi. Da allora non smisi più di vagare, non avevo più né spada né elmo né giaco, e la mia tunica a poco a poco cadde in pezzi. Trovai fattorie, villaggi e castelli dove chiesi l’elemosina. Tre volte fui sorpreso a rubare e bastonato. Nessuno seppe indicarmi la strada del ritorno, né io riuscii a trovarla.”
 Il racconto era finito e Arduino si accasciò sul cumulo di paglia e foglie come avesse compiuto uno sforzo infinito, poi emise un lungo sospiro e chiuse gli occhi. Il frate penso che si fosse addormentato, ma dal buio non giunse ancora la sua voce, resa roca dal lungo parlare.
 “Vattene, frate, Ora sai. Torna alle tue preghiere e lasciarmi solo coni miei rimorsi.”
 Frate Remigio cercò invano un parola di consolazione, ma si limitò ad assolvere quell’infelice dai suoi peccati e si affrettò ad uscire. Si guardò intorno, vide la strada e la colina al di là del quale vi era il monastero, alla luce pallida e fredda della luna  e delle stelle. Erano i luoghi in cui era sempre vissuto e  che conosceva bene, ma che ora gli apparivano diversi. Si incamminò per il ritorno. Aveva bisogno di meditare.
*     *     *
Frate Remigio si inginocchiò sui gradini dell’altare della cappella del monastero dev’era rintanato evitando i confratelli che certo avrebbero notato il suo turbamento. Non aveva più dubbi. La scoperta doveva esse riferita subito al vescovo e al Santo Padre.
 Il delirio di un folle non poteva essere tanto vasto e coerente. Quell’uomo aveva parlato con la massima spontaneità come di cosa normale e risaputa di Ebrei, Greci e Arabi. Tutti popolo che non aveva mai sentito nominare, nemmeno tra i più antichi, nemmeno a i popoli estinti. Come se non basasse, Frate Remigio aveva passato molti anni chino sui manoscritti, i rotoli e le miniature di molte lingue e fedi, ma non aveva mai incontrato le opere che quell’uomo aveva nominato. In particolare, non aveva mai incontrato un’opera che si chiamava Bibbia, che nel racconto di Arduino ricorreva tanto spesso. E poi quei nomi stravaganti... Alessandro Magno, Aristotele, Platone, Mosè, Omero...
 Solo due nomi Remigio aveva già letto e udito: Adamo ed Eva. Essi bastavano a dare una logica e un senso all’intero racconto.
 Tutti sapevano che al di là del Muro vi è solo il nulla infinito, che nessuna creatura abita né potrebbe abitarvi, che nessuna vita è possibile al di fuori della terra conosciuta che gli antenati, forse per buon auspicio, avevano chiamato “Paradiso Terrestre” e “Giardino”. Secondo altri al di là del Muro vi era solo una landa desolata popolata da mostri, altrettanto inaccessibile.
 Remigio pensò all’antichissimo manoscritto “Il viaggio di Adamo ed Eva” che narrava di due avventurosi capitani d’arme, un uomo e una donna di grande coraggio ed erudizione mossi da desiderio di conoscere. I due allestirono una spedizione con altri uomini e donne altrettanto coraggiosi. Quella spedizione aveva oltrepassato il Muro e non aveva più dato notizia di sé.
 Secondo alcuni esegeti e teologi Adamo ed Eva non erano mai esistiti, erano solo un’allegoria dell’eterno desiderio dell’umanità di conoscere e dei pericoli in agguato, quando tale desiderio supera il consentito. Altri invece sostenevano che i due ardimentosi vissero realmente, ma che perirono. Vi erano molti molte ipotesi al riguardo, ma le ipotesi principali erano due. Si pensava che la spedizione fosse subito precipitata nel nulla infinito o che fosse stata preda dei mostri.
 Ma ora era tutto diverso. Arduino veniva dall’altra parte del Muro: aveva visto e sapeva. Il suo racconto dimostrava come Adamo ed Eva fossero sopravvissuti e avessero trovato una vasta terra abitabile, una terra con monti, boschi  fiumi e laghi mai vista da occhio umano né calpestata da piede umano. Adamo, Eva e i loro seguaci avevano generato numerosa discendenza e ora la terra al di là del Muro era abitata da un’altra umanità, con i suoi re, le sue leggi, i suoi libri, le sue guerre.
 Frate Remigio troncò gli indugi, si alzò dai gradini dell’altare, si rassettò la tonaca verde e viola e si avviò all’uscita della cappella, dopo avere chiesto ancora una volta protezione e conforto all’effigie sacra del Saggio Serpente.

pubblicato su “Strane storie” Anno 2 -Numero 2/2001